Il prof. Francesco Falez ci parla della propria esperienza internazionale di ortopedico
"Il ritorno di Silvia Romano ha rappresentato sicuramente un momento di grande soddisfazione un po per tutti coloro che nella loro vita hanno provato il senso e l'esperienza della
cooperazione a livello internazionale.
È un mondo diverso perché si va veramente ad aiutare nella quotidianità le popolazioni il che ovviamente espone a dei rischi indipendentemente da dove si va dobbiamo anche stare attenti a mandare un messaggio "Andate dove vi pare quando vi pare a fare ciò che volete".
Io ho iniziato ad andare in Africa a fare attività umanitaria specialistica nello specifico In Burundi nel 2011.
La mia frase al ritorno la prima volta io curo l'Africa ma l'Africa cura me nasce proprio dal fatto di aver trovato in quell'esperienza che per la prima volta furono tre settimane di permanenza in Burundi, di aver trovato in quella situazione un estrema soddisfazione professionale ho capito, anzi, mi sono ricordato perché ho scelto di fare il medico perché a tutto ciò ci crediamo
a volte però della situazione sociale che troviamo tendiamo un po' a dimenticarcela questa cosa, ecco, ricavarci in quelle situazioni in cui non c'è nulla, se non lo scambio di un sorriso
come gratitudine.
E forse si dà il senso della misura del perché tu hai fatto questa scelta si tratta di una giovane ragazza, che noi abbiamo visto, all'epoca aveva 19 anni la quale usava le ciabattine di plastica sulle sue mani mentre era appoggiata su una tavoletta con quattro rotelline e si spingeva in avanti con le mani scivolando e rotolando su questa tavoletta. Io ero all'epoca con il fondatore della Fondazione che è il questore Vincenzo Monti, il quale mi guardò negli occhi e mi disse "Noi siamo persone che ci dobbiamo guardare negli occhi, non dal basso verso l'alto, e quindi prendemmo in cura questa ragazza facendo degli interventi di osteotomie, allungamento, quindi aveva dei problemi importanti agli arti inferiori e l'abbiamo rimessa in piedi. Proprio il mese scorso è arrivata la foto di questa ragazza, al suo secondo figlio.
Il Burundi è una nazione che insieme al Ruanda ha vissuto l'eccidio etnico tra Hutu e Tutsi, quindi parliamo di oltre un milione di morti, tra le etnie rivali di loro, che a tutt'oggi convivono ormai un equilibrio a volte molto precario. L'esperienza di Silvia Romano che poi entra nei villaggi più sperduti eccetera, può avere accesso a realtà leggere.
Eh! E' una bella domanda perché purtroppo noi italiani oggi siano stati accusati di essere troppo trasparenti nella gestione di questa pandemia e quindi paghiamo lo sconto di aver detto tutto a tutti, fino alla notizia in cui la Grecia ri-apre le sue attività turistiche tranne che all'Italia.
Sapere qual è lo stato dell'epidemia negli altri paesi è difficile. Oggi ho parlato con i miei amici in Burundi "Si, no, non sappiamo" molto è nascosto ma perché? Perché loro non hanno la forza sanitaria di affrontarlo, e allora oggi dire "vado in volontariato in Africa", ecco, io per primo, che sono un grande sostenitore della necessità di una ripresa anche delle attività, qualche perplessità me la faccio.
Poi però abbiamo osservato che quando è venuta la neo-terrorista, visto che è risaputo che Al Shabaab questo è e questo finanzia. "Onorevole Pagano, credo che riferirsi a Silvia Romano utilizzando il termine di neo-terrorista sia alquanto improprio, eviterei soprattutto di farlo in quest'aula"
Etichettarla come "neo-terrorista" è il sillogismo più facile, però accusare lei ecco forse io su questo starei un po' più attento. Ha passato 7 tribù diverse di terroristi, ha vissuto cose che io credo che noi umani non avremmo mai modo nuovo e sfortuna di dover affrontare. Quali siano stati i suoi istinti di sopravvivenza noi non possiamo giudicarli, non è giusto giudicare dal punto di vista politico dobbiamo capire quali sono ovviamente state le vicende che hanno portato Silvia Romano a diventare moglie assolutamente di uno dei suoi carcerieri e diventare quindi sicuramente una parte integrante di una cellula che noi essere una cella terroristica è difficile dare un giudizio in quel momento.
Coinvolgo sempre nella nostra Fondazione degli specializzandi che vengono con noi e ogni volta che vengono tornano entusiasti dell'esperienza vissuta. Il virgolettato, la frase lasciata da Silvio Romano, credo che sia molto profonda e molto vera e non è lontana da quello che ho detto: "Io curo l'Africa e l'Africa cura me" quindi siamo sulla stessa lunghezza d'onda, ossia, è ciò che doniamo che ci dà la felicità di essere, e questo però è quello che deve assolutamente guidare la nostra professione. Poi, farlo in Africa o farlo in italia non ha importanza. E' come la facciamo, è come noi affrontiamo la nostra professione che fa la differenza.
Approcciare con un malato nel suo momento del bisogno e lavorare indipendentemente da centuplicate possibilità soltanto veramente perché capisci che le persone hanno dei bisogni che puoi aiutare e quello che ci chiede di dare. Esiste la parola "attenzione" perché la paura è il momento in cui tu non hai più il controllo della situazione che ti circonda e vi assicuro che vivere in una piccola stanza all'interno di una zona sperduta senza luce, un po' di apprensione te la da, e non è, e lo ribadisco, una missione, ma una una scelta."