Il Prof. Maurilio Marcacci ci parla dello sviluppo della robotica nell'ortopedia

"Siamo alla vigilia della più grande e capillare diffusione robotica della storia". Questo discorso nasce da tanto tempo e che nel mio gruppo di ricerca ha portato avanti tanti progetti e tante realizzazioni di sistemi chirurgici. Sono tanti i progetti che hanno, step by step, creato un'evoluzione nella tecnologia dell'ortopedia, però tutti questi progetti sono stati concepiti come un sistema per semplificare o per rendere automatica l’attività chirurgica tradizionale. Quello che è necessario è il salto. Si deve pensare a costruire sistemi meccanici o software capaci di creare nuova chirurgia. Il robot che serve per impiantare le protesi è un robot che impianta le proprie invece che con le mani, con un sistema meccanico, ma il sistema di impianti, la protesi, il concetto e le regole biomeccaniche sono quelle di 50 anni fa. E questo è il problema. Il gap in ortopedia è questo, cioè c'è sempre stato distacco tra quello che può essere l'ideazione ingegneristica, l'evoluzione   del pensiero, e quello che invece si chiede di fare al robot, quindi non è poi così chiaro che la tecnologia digitale può far fare un salto, che prima di tutto devono comprendere gli ortopedici, perché se non si fa un salto qualitativo di ideazione il salto del risultato non ci sarà. 

25-30 anni fa c'è stato un progetto europeo che è stato l'inizio della computer aided surgery in ortopedia. Con il gruppo di ricerca del Rizzoli, che io dirigevo abbiamo fatto parte di questo progetto, che aveva due filoni, uno era la creazione di robot capaci di fare chirurgia, quindi di impiantare protesi di ginocchio, e l'altro filone che era quello di fare, di ideare il sistema di navigazione. Questo portò, dopo due anni e mezzo, tre, di ricerca, alla realizzazione, la realizzazione fisica di un robot chirurgico per fare impianti di protesi. Il mio laboratorio ha ancora il prototipo. Il fatto è che era troppo presto per poter utilizzare quella teoria, però quello che è interessante da una parte, e spiacevole dall'altra, è che i robot chirurgici di adesso non hanno praticamente differenze, dal punto di vista tecnologico e dal punto di vista software, rispetto a quei robot.

Nel progetto che stiamo mandando avanti per l'ideazione di una protesi futura, l'innovazione non è basata sul fatto che è una protesi fatta col 3D. Quello che è il salto è il fatto che rientra in una visione olistica del trattamento dell'articolazione, per cui c'è tutto un concetto di impianto, di tecnica chirurgica, di attenzione a certe cose che normalmente non possono o non vengono prese in considerazione. Bisogna vedere se siamo sulla strada giusta. La realtà virtuale applicata alla tecnologia chirurgica è una possibilità di avere qualche cosa in più, è un pochino un precursore di quello che viene chiamato "intelligenza artificiale".  L'intelligenza artificiale è un gran nome ma insomma, se notate, è la possibilità di mettere insieme in un computer tante esperienze culturali, tante esperienze tecnologiche. È la possibilità di correlare tutta una serie di dati che vengono da discipline diverse neurologia, neurofisiologia, biomeccanica, chirurgia, biologia. Saper ideare nuovi concetti di trattamento dei pazienti sempre più personalizzati, ecco questo credo che sarà il salto. 

"Il CNR ha già compiuto il primo passo, ha messo a punto una tecnica che consente la ricrescita di cartilagine e tessuto osseo sulle ginocchia danneggiate, finora l'intervento è stato eseguito su pochissimi pazienti però uno di loro è qui con noi e ci racconta la sua straordinaria esperienza. Paola Cristini, buonasera, accompagnata dal professor Maurilio Marcacci, buonasera. Benvenuto professore".

“Alex Zanardi è l'espressione di tutto quello che un individuo riesce a tirare fuori di positività da una situazione di disastro, è l'emblema di quello che può essere o che dovrebbe essere quello che noi dobbiamo fare in situazioni di difficoltà. È chiaro che le difficoltà di Zanardi sono state enormi, probabilmente affronteremo difficoltà enormi.  Bisognerebbe avere il cuore e la forza che hanno queste persone, questi giovani che hanno le innovazioni di questo genere che ho conosciuto e che conosco, hanno avuto questo tipo di reazione, che è molto positiva e che è molto naturale. È ovvio che ci sono altre persone che di fronte a difficoltà del genere hanno preferito abbandonare la vita ma questo fa parte del mistero dell'umanità.