La storia di Flavio, ex giocatore di pallamano, come ha risolto i suoi problemi di anca

Ho cominciato nei settori giovanili del Conversano, sono riuscito anche a raggiungere dei traguardi abbastanza prestigiosi come giocatori, ho fatto dei mondiali juniores, ho giocato in nazionale A e sono stato il capitano per diverso tempo della squadra conversanese.

“È stata una passione dall'inizio quella di dover fare il portiere, di usare più le maniche, forse i piedi".

Sono riuscito ad andare avanti e quindi diventare prima di tutto un dirigente sportivo sempre della mia società

“È una passione che ho, diciamo, coltivato per molti anni fino a dover abbandonare per dare più spazio agli studi universitari e quindi a medicine, e poi specializzarmi in ortopedia ovviamente. Forse tante cose che io ho fatto nello sport, mi sono ritrovato poi nella mia professione, quindi di dover coordinare un reparto, di coordinare dei colleghi infermieri in sala operatoria, quindi tante cose che forse ho fatto da portiere oggi mi ritrovo a farle da major.”

Circa 4-5 anni fa ho cominciato a sentire che qualcosa non andava nella mia anca sinistra, piano piano notavo una diminuzione della, diciamo, dell'articolarità, un fastidio, che però nel tempo è diventato sempre più insopportabile e non era più descrivibile come un semplice fastidio ma è diventato veramente un dolore.

“Quando il dottor Bientinesi si è presentato con questo problema all'anca era già era molto giovane, aveva meno di 50 anni, per cui come in ogni cosa si cerca sempre di proporre un trattamento conservativo.”

Entrare e uscire da una macchina salire dei gradini, fare delle lunghe passeggiate, e lì ho dovuto fare un numero di cellulare, diceva Giovanni, quel numero corrispondeva al dottor Vavalle, a Giovanni Vavalle. Per cui alla fine abbiamo maturato questa idea di migliorare la sua qualità della vita e quindi di procedere all'intervento di   protesi d'anca. A Ferragosto l'ho cercato e gli ho detto "Guarda, io penso di essere arrivato", e anche lui è stato d'accordo che fosse arrivato il momento di intervenire dal punto di vista chirurgico.

“Questa via anteriore in cui non vengono distaccati i tendini ma vengono solo separati, quindi non c'è un danno dei tendini, quindi di fare una chirurgia di risparmio dei tessuti, quindi di creare meno danni ai tessuti e quindi questo di permettere a un collega e a uno sportivo di riprendere l'attività sportiva.”

Mi aveva spiegato, mi aveva, diciamo, preannunciato che probabilmente avrebbe utilizzato con me questa tecnica, questa via di accesso, che stava dando, da quella che era la sua esperienza, stava dando degli ottimi risultati, sia dal punto di vista operatorio, e me lo aveva anche preannunciato, e quindi io lì proprio ero contentissimo delle possibilità di un recupero, di un recupero più rapido.

“Questa è un'esperienza che forse ti cambia la vita, perché da medico a  passare a paziente, ci si rende conto effettivamente di che cosa significa la   sofferenza che significa il dolore, che significa le di timori, le paure, le ansie  del paziente stesso di una chirurgia innovativa, che credo che al sud non è   che ce ne siano tanti questi colleghi che fanno questo approccio mininvasivo e che appunto gli consentisse una ripresa più rapida. Volevamo ancora migliorare la nostra strategia e quale era? Quella di avere un accesso chirurgico che sovvertisse il meno possibile l'anatomia dell'anca e quindi per questo abbiamo studiato per tanti anni e   abbiamo messo a punto questa tecnica chirurgica che migliorasse il dolore perché se non stacchi tendini il paziente ha meno dolore, ancora meno sanguinamento e quindi una ripresa sicuramente più rapida. Il paziente dice "non   ho dolore". Quando chiedo al paziente il giorno dopo "Da 1 a 10 dimmi quanto è il tuo dolore?", "Zero dottore", alcuni pazienti ci hanno detto "Dottore ma lei mi ha operato? Perché non sento nessun dolore?".”

Già nel momento in cui sono uscito dalla clinica, dopo 2-3 giorni, ero già abbastanza autonomo, non avevo idea, è logico, fino a quando sei dall'altra parte della barricata, hai una predisposizione e te ne fai un'idea, soprattutto professionale. Nel momento in cui ho fatto il paziente posso dire "pensavo molto peggio", la mia ripresa è stata veramente cioè, di una progressione quotidiana di insperato insomma. Dovevo uscire con la nazionale, sono andato in Croazia come accompagnatore della nazionale di senior per un torneo a Poreč. Per la prima volta sono andato al passaggio dei controlli di sicurezza, e avevo dimenticato di avere una protesi   passavo e suonava, passavo e suonava, passavo e suonava, mi han detto, sono stati   loro a ricordarmi a un certo punto "Ma lei ha messo una protesi", mi sono scusato con la sicurezza, sono diventato rosso.

“Non si ricordava che c'aveva nell'anca, la forgotten joint”