Marco Manfrini, istituto Ortopedico Rizzoli, parla delle ricostruzioni pediatriche da osteosarcomi
Un'ortopedia personalizzata è inevitabile se facciamo ricostruzioni biologiche che noi vorremmo favorire, abbiamo bisogno anche di mezzi di sintesi personalizzati, perché i pazienti hanno il tumore. Stiamo parlando di tumori ossei infantili, possono avere la sede della neoplasia in posizione diversa nell'ambito del sistema scheletrico. Prevalentemente il problema si pone negli arti inferiori, prevalentemente nel femore potrebbe porsi, si pone sicuramente anche nella tibia. Possiamo distinguere i tipi di interventi che facciamo in due tipologie, da un punto di vista oncologico. Noi dobbiamo resecare dei segmenti che comprendono una superficie articolare e quindi noi li chiamiamo resezioni osteoarticolari, che in casi limite possono addirittura rendere necessarie l'asportazione di un'articolazione intera. Poi abbiamo invece delle resezioni osteoarticolari in cui possiamo portar via solo il femore distale o solo la tibia prossimale, e le chiamiamo osteoarticolari, e che nel bambino chiaramente comportano l'asportazione assieme al tumore di una fisi, di una cartilagine di accrescimento.
Però facciamo di tutto per salvaguardare almeno la crescita dell'altra, oppure all'interno di un segmento scheletrico, e più comunemente parliamo del femore distale. Noi possiamo portar via dei segmenti intercalari di femori, cioè segmenti che salvaguardino la superficie articolare oppure l'algoritmo si sposta. Noi possiamo lasciare la fisi, quindi basta che noi salviamo, manteniamo integro lo strato germinativo e, teoricamente, e anche praticamente, possiamo assistere alla crescita di un osso nuovo prodotto dalla fisi del paziente che determina la possibilità di mantenere la crescita. Come sintetizzare? Abbiamo guardato con interesse a questo mezzo, la lama-placca a scivolamento. Noi nelle nostre ricostruzioni oncologiche utilizziamo mezzi di sintesi che nascono invece per il trauma generalmente.
La stragrande maggioranza dei mezzi di sintesi nasce per la traumatologia, che sia adulta o infantile, quindi abbiamo placche di varie tipologie, di varie forme, di varie filosofie, le abbiamo utilizzate, abbiamo scoperto i loro difetti che sono difetti legati al fatto che non nascono per le nostre esigenze. Le nostre esigenze sono di creare delle sintesi rigide, facendo compressione a livello delle osteotomie. Parliamo di ricostruzioni intercalari, in cui i due estremi dell'osso restano e manca un segmento intermedio anche molto lungo. La novità vera dell'intervento di Torino è l'utilizzo di questo chiodo, fin dall'inizio dell'impianto, utilizzando questo chiodo come sintesi, perché questo chiodo ha il vantaggio di andare avanti e indietro sulla base di come imposti il joystick. Io sono promotore già da qualche anno del fatto che esista un flusso di informazioni costante sulla nostra tipologia di problemi nella ricostruzione dello scheletro pediatrico.
Do dei numeri, al Rizzoli dal 2000 ad oggi, noi abbiamo ricostruito segmenti dello scheletro in più di 600 bambini al di sotto dei 16 anni di età. Sono tanti 600, è una casistica enorme paragonata alle casistiche che sono pubblicate o presenti a livello mondiale, però è una casistica che è comunque estremamente limitata, perché noi stiamo migliorando la nostra capacità di classificare le tipologie di resezione nel bambino, cosa che un tempo non facevamo, perché non avevamo l'esperienza per farlo. Se io quei numeri sensibili li metto assieme ai numeri di Torino, Firenze, Milano, e ormai siamo legati in una forma di accordo per il settore pediatrico, io supero un database, un archivio che può, che prevede, più di mille casi già trattati e casi che ci dobbiamo impegnare, e ognuno lo fa nel proprio centro, di mantenere aggiornato il follow-up, di seguire l'evoluzione.
Il mio sogno è un vero registro dove siano schedate tutte le informazioni sugli impianti utilizzati nella ricostruzione dello scheletro infantile. Ogni caso è diverso dall'altro. Se io le parlo di un bambino che ha un tumore nell'omero distale e le dico che ho a fare con un bambino intorno agli 8-10 anni, lei quanti pensa che io ne abbia fatti negli ultimi vent'anni? Io ne ho visti tre in questa fascia d'età, ok? Quindi questo è rarissimo e non c'è nulla in letteratura su questo argomento. Significa che anche gli altri ne hanno visti pochissimi, ok? Non sempre quello che facciamo ci soddisfa e stiamo parlando di due tipologie: l'osteosarcoma e il sarcoma di Ewing. Ogni anno in Italia ce ne sono, sotto i 16 anni o sotto i 18, non più di 80- 90 casi, tra tutti e due. Noi ne abbiamo operati due, la placca, la fisi sta crescendo in entrambi, stiamo parlando di un paziente di 5 anni e di un paziente di 11 anni al momento dell'intervento. È chiaro che sono tutti e due in follow-up oncologico, camminano tutti e due liberamente e gli ultimi controlli ci confermano che la fisi sta crescendo. Ovviamente avremo il quadro finale quando e se i pazienti diventeranno dei lungo sopravviventi come ci auguriamo, solamente alla fine della crescita. Viene da dire "Io posso usare un altro metodo ma mi crea dei problemi, voglio un metodo che risolve i problemi che mi ha creato". La placca a scivolamento tendenzialmente, ipoteticamente lo fa.
Faccio dei disegni, cerco di essere chiaro e frontale, e se posso lo spiego anche al bambino o all'adolescente se è sveglio, perché io penso che ognuno abbia diritto di avere più informazioni, soprattutto se gli facciamo qualcosa che non era stato fatto prima, questo è il discorso della rete. Noi abbiamo bisogno di creare un sistema che produca tante informazioni, il maggior numero di informazioni possibili per avere la possibilità anche di comunicare meglio quello che facciamo alle persone, alle famiglie in questo caso più che al paziente, ma anche ai pazienti, perché anche i bambini di 4-5 anni spesso ti fanno domande diciamo strutturalmente significative.